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Dalla campagna cremonese alla Franciacorta. Francesco Pezzaioli, neo chef del Centottanta Cantina & Cucina, ci racconta la sua filosofia ai fornelli 

Da qualche mese alla guida della brigata del ristorante Clarabella Centottanta Cantina&Cucina c’è Francesco Pezzaioli, gigante dai capelli rossi, poche parole e grande bravura ai fornelli.  

Classe 1981, sposato e papà di un bambino, Pezzaioli arriva da Torre De’ Picenardi, piccolo centro nella campagna tra Cremona e Mantova. In Clarabella ha portato una cucina elegante, legatissima ai prodotti e alle tradizioni della terra, in totale armonia con la filosofia della cooperativa agricola sociale franciacortina. 

Quando è nata la passione per la cucina? 

Vengo da una famiglia di agricoltori. In casa si allevavano i maiali e si faceva il salame. Da bambino aiutavo i miei nonni ai fornelli, mi piaceva moltissimo”.

Che studi ed esperienze ha fatto? 

Ho seguito tutta la trafila classica, scuola alberghiera a Cremona e diversi stage per imparare il mestiere. A 15 anni il mio primo lavoro in un ristorante: Il Peschereccio a Cremona, che ora non c’è più, si cucinava il pesce di lago. Da lì sono andato all’Antica Corte di Travagliato dal bravissimo chef Roberto Albanese, mi ha insegnato molto: l’amore per la cucina classica, il ragù, i casoncelli, la pasta ripiena, il capretto.  Più tardi ho lavorato al Pio Nono di Erbusco e dopo, per diversi anni, all’agriturismo Cascina Fortuna nel cremonese.

Lo scorso febbraio è arrivato al ristorante di Clarabella, proprio nel periodo dell’emergenza Covid…

È stato un inizio non facile. Abbiamo dovuto chiudere il ristorante per molte settimane e c’era grande preoccupazione per il futuro. Ma non ci siamo scoraggiati, appena è stato possibile abbiamo riaperto la cucina e adottato la formula delivery. Da qualche settimana il ristorante è ripartito. Si è trasferito nel parco e i nostri aperitivi, i picnic e le cene romantiche tra i filari della vigna stanno avendo molto successo. 

Com’è la sua cucina? 

Una cucina del territorio, classica in chiave moderna. Propongo i piatti della nonna, quelli del ricordo, le ricette che con i ritmi di vita frenetici attuali rischiamo di perdere. 

Cos’è per lei Clarabella? 

Una sfida, una bella sfida. Voglio riuscire a far capire ai clienti il progetto Clarabella, sia in cucina sia in sala.  Abbiamo tanti buoni prodotti: le farine, l’olio, il pesce, il vino. E poi c’è il progetto sociale, per me è un’esperienza nuova, bellissima. Insegno a ragazzi fragili le tecniche e la filosofia della cucina.
Mettere insieme persone con esperienze e situazioni diverse è la cosa più difficile ma quando cominciano ad aprirsi e a sorridere, quando mi dicono grazie è una soddisfazione unica. 

Quali sono i suoi piatti forti?

Il capretto alla bresciana. Ma anche il mio risotto è molto apprezzato.
La mia cucina è in continua evoluzione. Quando non sono ai fornelli seguo dei corsi. In questo momento sto approfondendo il tema dei lievitati, è un mondo affascinante.

È goloso? 

Molto e si vede. Ho una passione per la torta Chantilly e la crostata di frutta, sembra una ricetta semplice ma non lo è. Se sono un bravo pasticciere? Me le cavo bene.