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Che bontà la trippa

Le misure di emergenza Covid non permettono per ora di viaggiare. 

Quindi, con la nostra brigata del Centottanta Cantina & Cucina, abbiamo pensato di farvi fare un tour gastronomico a domicilio. 

Di settimana in settimana, insieme allo chef del nostro Centottanta Cantina&Cucina Clarabella, Francesco Pezzaioli, vi accompagniamo nelle città italiane alla scoperta delle loro ricette della tradizione. 

Il nostro viaggio inizia con la TRIPPA, la regina della cucina popolare, la “mamma” delle moderne pietanze di strada. Calda, gustosa, profumatissima è ideale per le giornate fredde.

 

COSA È

È lo stomaco del bovino e fa parte dei tagli del quinto quarto, rientra quindi nel gruppo delle cosiddette “frattaglie” cioè le interiora dell’animale.
Sono ritenute prodotti secondari della macellazione, di minore pregio, ma non c’è nulla di più falso perché sono parti gustose che possono dare grandi soddisfazioni in cucina.

 

LA STORIA

La trippa ha una storia lontana: già i greci la cucinavano sulla brace e i romani la utilizzavano per preparare salsicce.

Nasce come piatto povero, dalla convinzione popolare che “niente va buttato”: in passato i tagli meno pregiati della carne, quelli che oggi chiameremmo “pezzi di scarto” venivano non solo utilizzati ma preparati con passione e gusto.

Le frattaglie delle bestie macellate erano affidate a rivenditrici, quasi sempre donne, che avevano piccoli banchi fuori dal mercato. La “busacha” era un piatto molto comune sulle tavole povere, così come le trippe che venivano preparate in molti modi, soprattutto in umido, con polente di cereali misti, cotte nei pentoloni classici dell’iconografia stregonesca.

Oggi la trippa si mangia da Nord a Sud, da Est a Ovest, con diverse preparazioni e varianti: in bianco, con il sugo o con i fagioli, aromatizzata con la cannella, con il rosmarino. Ad esempio, Calabria c’è il Morzeddhu, in Toscana il Lampredotto, in Lombardia la Busecca, cotta in umido con pomodoro, fagioli, carote e sedano, veniva cucinata durante le festività e consumata tradizionalmente alla vigilia di Natale. 

 

A noi la trippa piace per 3 motivi: 

  1. è un PIATTO DI STORIA E TRADIZIONI, apparentemente umile ma ricco di gusto e colmo di cultura e territorio.

  2. HA UN ALTO CONTENUTO DI PROTEINE, FERRO E VITAMINE B E POCHI GRASSI. Quindi va benissimo anche per chi ha problemi di colesterolo e non fa ingrassare.

  3. È un PIATTO ECONOMICO, ECOLOGICO E NO-SPRECO (il giorno dopo è ancora più buona); inoltre rispetta gli animali ed è un invito alla sostenibilità, già praticata inconsapevolmente e saggiamente dai nostri nonni. Secondo le stime se tutti mangiassimo frattaglie, le emissioni di Co2 si ridurrebbero del 15%.

LA RICETTA 

Preparatela in umido con un soffritto, un po’ di conserva di pomodoro e le spezie che amate di più, è buonissima. 

 

I CONSIGLI DEL NOSTRO CHEF

La pulizia è un aspetto fondamentale. La nostra dritta è di sbiancarla in acqua, aceto, vino bianco e una foglia di alloro e poi buttarla in acqua bollente. Quando l’acqua ritorna a bollore la togliete e la sciacquate sotto l’acqua. In questo modo eliminerete i primi succhi che darebbero un sapore pungente alla pietanza.

La cotturaNon bisogna avere fretta per cucinare questo piatto.
Le nostre nonne trascorrevano giornate intere a cuocere sulla stufa. Le stufe le hanno ormai in pochi ma la trippa come tutte le ricette storiche richiede anche oggi una cottura lenta a fuoco basso. Cucinatela per 3-4 ore e condite con pepe e olio. Se avanza, potete gratinarla in forno con parmigiano.

 

Vi invitiamo a provarla, se non siete già dei fan accaniti.
La trovate tutte le settimane nel nostro menu a domicilio, preparata secondo la ricetta milanese.

Buon appetito!